Dopo l’Armistizio dell’8 settembre 1943 gli Alleati procedendo da Sud e dall’Adriatico si spingono verso la zona appenninica puntando a Roma. Tra questi, i Canadesi sono i primi ad approdare a Campobasso, dopo aver liberato alcuni importanti e strategici centri molisani come Gambatesa e Gildone, il 14 ottobre alle ore 9.20 le prime truppe entrarono nella città appena liberata dall’occupazione nazifascista; in seguito, arrivarono anche truppe inglesi e polacche, ma non mancarono Americani, Marocchini, Indiani e Scozzesi. Questi ultimi non perdevano occasione di accompagnare alcuni fondamentali momenti delle loro giornate – come le visite delle autorità – con le cornamuse.
Tra i primi compiti delle forze alleate ci fu quello di disinnescare gli ordigni disseminati un po’ ovunque dai tedeschi, che avevano già distrutto interi paesi della provincia e diverse aree della città.
Campobasso divenne presto “Canada Town” o “Maple Leaf City” (la foglia d’acero, simbolo della bandiera canadese) e furono molte le strade, piazze, attività commerciali ad essere “inglesizzate”, con il duplice obiettivo da parte degli Alleati di orientarsi meglio in un luogo sconosciuto e di soffrire meno la lontananza dalle proprie terre. E così, dopo i tedeschi, furono canadesi, inglesi e altri ad entrare in contatto con la popolazione locale e a trovare riparo e assistenza. E’ certo, però, che furono molti anche i danni che sia i tedeschi sia gli alleati arrecarono alla città e ai suoi principali monumenti.
Fotografia: Suonatori di cornamusa, probabilmente appartenenti al reggimento 48th Highlanders of Canada, si esibiscono per le strade di Campobasso, Italy, 18 October 1943 Credit: Canada. Dept. of National Defence / Library and Archives Canada
“Dal 1943 al 1945 Campobasso è stata realmente rinominata Canada Town, campo-base delle truppe alleate canadesi. La città era sostanzialmente
quella del secolo precedente e si era sviluppata ai piedi dell’arroccamento medioevale sotto il Castello Monforte. La lunga permanenza dei canadesi non aveva lasciato apparentemente tracce, tanto meno nella narrazione condivisa locale. Le uniche tracce custodite e alimentate da pochi appassionati e dalla Rete sono state in grado di sciogliere l’enigma della forma urbis apparentemente negata a questa città. Per familiarizzare e orientarsi in quella che per due anni sarebbe stata la loro città, un militare canadese ne dipinse l’emergenza architettonica e paesaggistica, un altro disegnava foglie d’acero come segnaletica per la logistica militare ed altri rinominavano strade e palazzi chiave della vita quotidiana.
Assunsero come centro della città quello che era tale da almeno un secolo rinominandolo Piccadilly Circus.Oggi rimane una scritta sbiadita di Scarth Street che finiva proprio in quel punto nevralgico. Ma perché diedero alla città il nome di Maple Leaf City? Difficile capirlo guardando la città di allora, ma ancor più difficile è capire perché la città di oggi, ben più vasta e dispersa, assomigli molto di più di
allora ad una Foglia d’Acero“1
1Golino Antonella e Panunzi Stefano, “Maple Leaf City. Un immaginario biomeccanico per ri-abitare la città”, FUORI LUOGO PM Edizioni 2018
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